La Deresponsabilizzazione Femminile e Giovanile.
connessioni psicologiche e sociali tra i piccoli ed i grandi reati

Già da tempo indagini e rilevamenti statistici osservano come i furti a danno di negozi o di persone non siano più e solo cosa da poveri o extracomunitari. Non si ruba più cibo o beni di prima necessità insomma. Sempre più donne, ragazze, ma anche signore "apparentemente" distinte, usano ad esempio la boutique o i magazzini di abbigliamento come "guardaroba aggiuntivo personale". Furti non necessari. Furti per futili motivi. E' più grave di quanto il lascivismo odierno possa suggerire.

Andando oltre le blande (e comode) definizioni comportamentali come "sindrome da shopping", patologie consumistiche, ecc.., ciò che emerge a livello sociale e psicologico è innanzi tutto l'assenza di principi, il non rispetto della proprietà altrui e degli altri, considerare cioè tutto al proprio servizio* (i negozi, le persone, lo stato) il "come e quando voglio io", è in fondo lo stesso sentimento di possesso ed egocentrismo che in altri contesti e situazioni porta le stesse persone a compiere gesti più gravi come ad esempio l'impossessamento della prole nelle separazioni. Il passo è breve.

Secondo tali principi "borsa" "bambino" "vestito" "uomo" hanno tutti un unico significato: status (io ho = io sono), materialismo, possesso di oggetti e persone indistintamente. Una deviazione che porta a qualsiasi tipo di azione dai piccoli ai grandi reati, compiuti tutti con la stessa assenza di scrupolo o sentimento etico ma piuttosto con estrema leggerezza e lucidità (talvolta euforica allegria).

Viviamo oggi nella società della "incertezza della pena", dove chi compie reato sa già che partirà da notevoli sconti base per poi averne di ulteriori: a priori sa già che la legge vale molto meno in termini applicativi di quanto c'è scritto sulla carta. Un meccanismo perverso che incentiva ad evadere il fisco perché tanto alla fine dei conti conviene rispetto all'essere "regolare" o vale allo stesso modo per l'ubriaco o il drogato che non paga mai realmente ciò che deve quando investe o uccide una persona; e molto altro.

Ai giovani stiamo insegnando che conviene la via "facile" e non quella "migliore" (molte volte non coincidenti), che conviene "fare senza stare a pensare" che tanto a tutto si pone rimedio ("anche se non ha un senso, domani arriverà lo stesso" n.d.v.rossi), c'è sempre qualche sconto, indulto, giustificazione, buonismo.

Si puniscono dunque solo i reati gravi, gravissimi, ma in questo modo si crea una generazione di giovani che andranno sempre più al "limite del pericolo", ma quando sei al limite un passo sbagliato è spesso fatale (per te o per chi hai di fronte) e non si possono evitare le tragedie. La funzione dei reati minori (oltre a quella civile, educativa) è anche questa: un margine di sicurezza perché un passo sbagliato, e può capitare di farne, possa essere qualcosa di recuperabile, meglio punire oggi con disciplina una guida in stato d'ebbrezza che domani un omicidio che tanto qualsiasi numero di anni potrai dargli non riporterà mai sulla terrà la vita che è stata cancellata.

Violento non è solo un atto ma anche un principio: la violenza è spesso una "forma di cultura" che poi genera atti violenti e gravi, in questo senso ad esempio la "deresponsabilizzazione" ("va be' è giovane", "va be' è donna", "va be' era arrabbiata", ecc..) è una delle più grandi forze generatrici di violenza alle quali oggi noi tutti siamo sottoposti e vittime.

La deresponsabilizzazione porta a non dar più valore a niente, oggi guidi ubriaco e domani investi uno e scappi, oggi rubi una borsa in boutique domani i figli a loro padre.


dal Quotidiano LAB Anno VI n.24
articolo originale

e rassegna stampa
della Camera dei Deputati del 04/02/2009

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* denuncia sull'abuso ed uso personale delle istituzioni